Sostenere il mondo

Ben oltre le idee di bene e male, di giusto e sbagliato, di vita e di morte c’è un campo.

Nel mezzo preciso di quel campo, equidistante dai quattro angoli e da tutte le dimensioni esiste l’albero cosmico. Dell’albero sono state date infinite descrizioni e gli sono state attribuite le più disparate caratteristiche, una vastità di poteri magici. In verità il grande frassino sostiene il mondo. Altro non fa.

È impossibile descrivere il grande frassino con le parole che sono in uso tra gli umani, persino frassino non è esattamente il termine corretto, ma è quello che più vi si avvicina, come la descrizione che più vi si avvicina è quella data dagli antichi popoli norreni:

«So che un frassino s’erge
Yggdrasill lo chiamano,
alto tronco lambito
d’acqua bianca di argilla.
Di là vengono le rugiade
che piovono nelle valli.
Sempre s’erge verde
su Ur.arbrunnr.»

Forse per via degli sciamani che abitavano tra loro gli antichi abitanti del nord del mondo ebbero visioni estatiche piuttosto verosimili dell’albero cosmico. L’albero è l’asse che unisce cielo, terra e inferi tenendo insieme tutte le dimensioni. La sua enorme corolla protegge il cosmo e i suoi pensieri come piccole foglie colme di rugiada cadono sul verde campo e lo trapassano, nutrendo ogni angolo del mondo conosciuto e non.

C’è stato un tempo, molto lontano da quello attuale, in cui l’albero cantava attraverso il vento che frusciava nella sua folta chioma. Mi ci sono voluti secoli, millenni, ere per imparare la sua lingua, ma alla fine sono riuscito a raccogliere le sue melodie e dal momento che da tempo immemore l’albero non parla più, mi sembra opportuno tramandare una raccolta delle sue composizioni. In particolare quelle che riguardano i suoi figli: Scuromanto, Lumecalmo e Filoramato.

Forse giunti a questo punto mi dovrei presentare: io sono il guardiano e servitore dell’albero. Da esso sono nato e a lui sono legato da un destino imperituro che si compirà solo alla fine di tutte le ere. Solitamente sono puro spirito e proprio per questo posso assumere diverse forme, non ho nome, ma nella mia lunghissima esistenza ho capito che agli abitanti del mondo piace classificare, così potete chiamarmi “il cantastorie”.