MANGIANO CO2, SONO ANTISISMICI, SALUBRI E, INASPETTATAMENTE, PIÙ RESISTENTI AL FUOCO. A LONDRA ATTESO IL PIÙ ALTO “WOODEN SKYSCRAPER” AL MONDO.
Dici skyline e pensi a grandi città puntellate di altissime costruzioni in acciaio. Questo almeno fino a qualche anno fa. Sempre più infatti, dire skyline sarà anche immaginare un panorama di altissime “foreste” fatte dall’uomo per l’uomo.
Perché, a una velocità sempre maggiore, i grattacieli in legno stanno finalmente mettendo radici negli spazi urbani.
Il merito è del CLT, il legno lamellare di ultima generazione: estremamente performante dal punto di vista statico ed elastico, è anche uno dei materiali antisismici per eccellenza. Si installa con facilità e, a dispetto delle apparenze, è maggiormente resistente al fuoco rispetto all’acciaio.
Per non parlare dell’efficienza energetica: un grattacielo in legno (o ibrido legno e acciaio) garantisce emissioni molto ridotte di CO2.
Per ora si tratta di progetti pioneristici, che sembrano sfidarsi a vicenda in una stimolante rincorsa ingegneristica. Nel 2019 si è conclusa la costruzione dell’HoHo di Vienna, 84 metri e 24 piani: icona dell’architettura sostenibile, efficienza energetica, prefabbricazione, uso oculato delle risorse. L’HoHo di Vienna è stato poi immediatamente superato dal Mjøstårnet, torre di legno di 18 piani e 85,4 metri, realizzata nella cittadina norvegese di Brumunddal, progettata dallo studio di architettura Voll Arkitekter, che al momento detiene il primato di grattacielo in legno più alto del mondo. Ma sono in cantiere diversi progetti…
A Londra, l’Oakwood Tower Barbican, progettato dallo studio PLP Architecture sulla carta raggiungerà i 300 metri di altezza, sarà il primo di una serie di progetti di grattacieli in legno promossi dall’università di Cambridge in associazione con rinomati studi di architettura e di ingegneria strutturale, finanziati anche dall’UK’s Engineering and Physical Sciences Research Council.
Non solo l’Europa, anche il resto del mondo si sta imbarcando in questa eccitante sfida di sostenibilità. A Vancouver l’architetto Michael Green ha progettato due torri alte trenta metri, l’intera architettura degli edifici è ispirata alla filosofia della riduzione degli sprechi: energia solare, trattamento e riciclo dei rifiuti, recupero dell’acqua piovana. A Perth, in Australia, lo studio di Melbourne Fraser & Partners ha progettato il C6, grattacielo di 189 metri costituito per più del 42% di legno, potrebbe diventare la torre ibrida più alta del mondo. L’obiettivo degli architetti è quello di dare un significativo contributo alla lotta al cambiamento climatico favorendo al tempo stesso la crescita urbana, con la collaborazione del Joint Development Assesment Panel dell’Australia occidentale. È molto di più di un edificio, si può parlare di un vero e proprio ecosistema: al piano terra sorgerà uno spazio pubblico ricco di flora nativa, luogo ottimale per ospitare anche specie faunistiche protette come il cockatoo; sul tetto sono previsti un giardino e una fattoria urbana. Anche Tokyo ha accettato la sfida: è previsto per il 2041 (350° anniversario della città) il completamento del W350, realizzato dalla società giapponese Sumitomo Forestry insieme allo studio NIkken Sekkei. L’edificio, di 70 piani per 350 metri, farà parte di un intero quartiere improntato alla sostenibilità formato da 70 edifici costruiti esclusivamente in legno, acciaio e vetro, dislocati su un’area di 6.500 metri quadrati per un totale di 455mila metri quadrati di superficie calpestabile.
Un giorno, forse, abiteremo in “umane” foreste di legno.